Come gustare un raccolto di funghi senza rischi inutili
Con l’arrivo dell’autunno la raccolta e il consumo di funghi spontanei aumenta considerevolmente. Di conseguenza aumentano i casi di intossicazioni dovuti sia all’ingestione di specie commestibili che velenose. Nel primo caso si tratta di intossicazioni causate da una preparazione inadeguata (cottura insufficiente o mancata prebollitura) o dall’ingestione di quantità eccessive oppure dal cattivo stato di conservazione dei funghi stessi. Infine, bisogna considerare le possibili intolleranze individuali al fungo come ulteriore fattore di rischio. Nel secondo caso invece le intossicazioni sono dovute al consumo di specie tossiche, spesso simili a quelle commestibili.
Posso consumare un risotto o una scaloppina con funghi raccolti da me in tutta sicurezza?
Ovviamente, è possibile gustare i funghi in tranquillità: bastano poche buone regole. Per evitare le intossicazioni è buona abitudine non consumare funghi di cui non si è assolutamente certi della commestibilità e, anche al più piccolo dubbio, fare ispezionare (gratuitamente) l’intero raccolto presso gli Ispettorati Micologici dell’ASL: un atto di buon senso che consente di evitare rischi che non vale proprio la pena di correre.
Inoltre, non vanno consumati quantità abbondanti di funghi o in pasti ravvicinati. Così come è sconsigliata l’assunzione di funghi da parte dei bambini piccoli e dalle donne in stato di gravidanza.
In generale, ricordiamo di non consumare funghi crudi (se non pochissime specie che si prestano all'uso) o non adeguatamente cotti (per esempio il chiodino è tossico se non viene effettuata una prebollitura di almeno 20 minuti prima della cottura definitiva). Si ricorda che per le specie velenose (come Amanita phalloides, Cortinarius orellanus e altre), la cottura non serve a renderle meno tossiche perché le tossine più pericolose sono termostabili, cioè resistono al calore.
Ci sono infine i miti da sfatare per cui non esistono metodi “casalinghi” per verificare la commestibilità di un fungo (ad esempio l’utilizzo di aglio, argento o prezzemolo che se anneriti o ingialliti dal contatto con il fungo rivelerebbero la sua tossicità). L’unico modo per capire se un fungo è velenoso è farlo controllare da un micologo.
Come si manifestano le intossicazioni da funghi?
In relazione al tempo intercorso tra l’ingestione di funghi tossici e la comparsa di sintomi, si distinguono: sindromi a breve latenza (con sintomi che compaiono entro 4-6 ore dal pasto) e a lunga latenza (con sintomi oltre le 6 ore dal pasto). Quest’ultime sono le più pericolose perché possono essere causate da funghi che provocano danno epatico o renale, anche a distanza di giorni dall'ingestione.
Le sindromi a breve latenza sono causate da funghi con bassa tossicità d’organo e solitamente a basso rischio per la vita. I sintomi più comuni sono rappresentati da nausea e ripetuti episodi di vomito e diarrea.
Le sindromi a lunga latenza sono invece causate da funghi ad elevata tossicità d'organo e mortalità. I sintomi delle sindromi a lunga latenza inizialmente possono simulare una gastroenterite di tipo influenzale che può portare ad una sottovalutazione del rischio con un ritardo nell’ospedalizzazione e nelle terapie.
In conclusione, è importante sottolineare che non esiste un antidoto in grado di neutralizzare le tossine dei funghi, perciò l’intervento tempestivo è di fondamentale importanza. Pertanto, se dopo l’ingestione di funghi non controllati insorgono disturbi (indipendentemente dall’intensità, dalla durata e da quando si manifestano i sintomi) occorre recarsi immediatamente al pronto soccorso, portando eventuali avanzi di funghi (sia cotti che crudi) per facilitare il riconoscimento della specie fungina.
Bibliografia:
http://www.salute.gov.it/imgs/
http://www.sicurinmontagna.it/media/activity/pdf/609/ALLERTA%20FUNGHI-%20comunicato%20SITOX