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Il Blog della Società Italiana di Tossicologia (SITOX) è dedicato sia ai Soci della Società che ai cittadini tutti, indipendentemente dal grado di competenza nelle materie tecnico-scientifiche. In questo blog si ritroveranno informazioni aggiornate, indipendenti e certificate relative a stili di vita, alimentazione, ambiente, ed impatto sulla salute della popolazione delle sostanze a cui è esposta.

Tutti i contenuti pubblicati sono frutto della collaborazione dei membri del gruppo Comunicazione della SITOX con Esperti selezionati in base alla tematica da affrontare.

10 dicembre 2020 - Sicurezza degli alimenti, Sostanze chimiche
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Cotto o crudo?  La temperatura nella sicurezza alimentare.

Nello scorso post abbiamo parlato di come l’impiego degli additivi alimentari abbia determinato una rivoluzione nella conservazione degli alimenti permettendo di rispondere a precise esigenze sanitarie. Conservare significa conoscere le cause di alterazione degli alimenti per cercare di preservare nel tempo le proprietà organolettiche del prodotto agroalimentare (sapore, odore, aspetto, consistenza), le caratteristiche nutrizionali e naturalmente garantirne la salubrità.

Inoltre, per una corretta conservazione degli alimenti è di fondamentale importanza conoscere anche i fattori che favoriscono la crescita dei microrganismi quali la temperatura, il pH e il contenuto di acqua. In questo contesto, le tecnologie basate sull’impiego del calore o del freddo rientrano tra le principali tecniche di conservazione degli alimenti.

Ricordiamo che, benché sia complesso datare il momento in cui l’uomo cominciò a cuocere carne e altri alimenti (il fuoco addomesticato è documentato con sicurezza attorno a 450 mila anni fa), è certo che in virtù di questo trattamento fu possibile abbattere la carica batterica e ne derivò una esplosione demografica. Non solo, cuocere sembra proprio che ebbe molti vantaggi, sostiene l’antropologo di Harvard Richard Wrangham: carni e vegetali cotti sono molto più facili da digerire di quelli crudi, così l’energia risparmiata nella digestione venne trasferita dall’organismo dei primi ominidi al loro cervello, provocandone un aumento di superficie e capacità intellettuale. Elementi che, ovviamente, la selezione naturale privilegiò.

 

Microrganismi patogeni e temperatura

 

Per capire come funzionano i metodi di conservazione basati sulla temperatura è importante chiarire alcune caratteristiche dei microrganismi responsabili delle alterazioni degli alimenti. La maggior parte di questi microrganismi hanno una temperatura ottimale di crescita dai 20 ai 40°C (mesofili), così come i patogeni dell’uomo e degli animali adattatisi alla temperatura corporea (circa 37°C). Le tecnologie basate sull’impiego delle basse temperature o del calore permettono, in base alla tecnica usata, di rallentare/bloccare la crescita microbica e delle attività enzimatiche o di inattivare tutti i microrganismi patogeni. Nonostante siano sottovalutate dall’opinione pubblica, le infezioni e le intossicazioni alimentari, sono ancora molto frequenti. Nelle infezioni alimentari, l’alimento è contaminato da microrganismi (salmonella, clostridium e listeria) e la sintomatologia può derivare dalla moltiplicazione batterica a livello intestinale e dalla liberazione di enterotossine. Nelle intossicazioni invece si ha l’assunzione con l’alimento delle tossine batteriche già preformate (staphylococcus aureus, clostridium botulinum).

 

Conservazione a freddo degli alimenti

 

L'impiego del freddo per la conservazione degli alimenti è una pratica consolidata da secoli.

Prima del frigorifero, l’utilizzo delle ghiacciaie sotterranee caricate durante l'inverno con neve e ghiaccio ha rappresentato l’unico modo per conservare la freschezza del cibo. Con la «conquista del freddo», ossia l’invenzione della macchina frigorifera si è ottenuta la vera rivoluzione del settore della conservazione degli alimenti.

Anche i metodi di conservazione che applicano il freddo (refrigerazione, congelamento e surgelamento) hanno la caratteristica di rallentare o bloccare l’attività dei microrganismi e degli enzimi. Ad esempio, durante la refrigerazione, che avviene a temperatura frigorifero (circa 4°), si ha solo un rallentamento della crescita microbica, di conseguenza gli alimenti possono essere conservarti solo per alcuni giorni. Invece nel congelamento (-12°/-20°), così come nel surgelamento che viene fatto con sistemi industriali, si ha un blocco delle attività enzimatiche e della crescita microbica con un allungamento notevole della durata degli alimenti.

 

Conservazione a caldo degli alimenti

 

A differenza del freddo, i metodi di conservazione che applicano il calore, possono uccidere i microrganismi e inattivare gli enzimi. Le principali tecniche utilizzate sono la pastorizzazione e la sterilizzazione.

Il primo metodo fu ideato dal chimico francese Louis Pasteur nel 1856. Gli alimenti che vengono sottoposti alla pastorizzazione sono innumerevoli, in quanto questo trattamento consente di mantenere le caratteristiche organolettiche senza rinunciare alla sicurezza alimentare.

Mediante la pastorizzazione (70-80 °C) si ha l’inattivazione di tutti i microrganismi patogeni ma non l’inattivazione delle spore, ciò significa che il prodotto ha una shelf-life (data di scadenza) non troppo lunga. La sterilizzazione (120-150 °C) invece inattiva anche le spore, consentendo una conservazione più lunga del prodotto alimentare.

 

Alte temperature e contaminanti da processo: un esempio l’acrilammide

 

La cottura ad alte temperature può determinare modificazioni importanti negli alimenti, come una parziale o totale distruzione di alcuni nutrienti (ad esempio l’inattivazione di alcune vitamine), ma anche la formazione di alcuni composti tossici, i contaminanti da processo. Un esempio è la formazione dell’acrilammide.  

Durante la cottura ad alte temperature, la frittura o la torrefazione di determinati alimenti gli zuccheri riducenti, come glucosio e fruttosio, possono reagire con l'asparagina (un amminoacido presente in molti alimenti) per formare l’acrilammide. Il principale processo attraverso il quale si forma questa sostanza è la reazione chimica, nota come reazione di Maillard, che contribuisce all'aroma, al gusto e al colore dei cibi cotti.

Nei prodotti alimentari industriali i livelli di acrilammide, così come quelli degli altri contaminanti da processo (ad esempio il furano, gli idrocarburi policiclici aromatici e i glicidil esteri degli acidi grassi) vengono monitorati dagli Stati membri dell'UE che trasmettono i dati all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) per la valutazione del rischio.

Ovviamente, ciò non è possibile con le preparazioni casalinghe. Gli esperti dell'EFSA hanno recensito la letteratura scientifica e i dati disponibili su come la scelta degli ingredienti e la temperatura alla quale il cibo è cucinato influenzino la quantità di acrilammide nei diversi tipi di alimenti. Una sintesi della disamina è stata poi messa a disposizione dei consumatori.

In linea generale, essendo di fatto impossibile eliminare completamente l’acrilammide dalla dieta, la maggior parte dei consigli ai consumatori punta ad abitudini di cottura domestica più selettive e a una maggiore varietà nella dieta.

 

 

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine

Catching Fire: How Cooking Made Us Human.

https://www.efsa.europa.eu/sites/default/files

https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/acrylamide

 

 

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