Metalli, niente si crea e niente si distrugge
I metalli sono elementi naturali e parte integrante del comparto ambientale, e da esso, seguendo il ciclo vitale biologico, partecipano alle sorti delle piante, degli animali e dell’uomo. Proprio a causa della loro natura ubiquitaria, l’uomo può quindi essere esposto ad essi attraverso l’aria, l’acqua, la terra e il cibo. Le principali vie di assorbimento dei metalli sono il tratto gastrointestinale, le vie respiratorie e la cute da cui, verranno distribuiti a vari organi attraverso il sistema circolatorio, dove sono in grado di esercitare effetti fisiologici (zinco, ferro, iodio, selenio), in dosi eccessive, tossici (mercurio, cromo, cadmio e piombo) o possono avere la tendenza ad accumularsi (ad esempio il piombo nel tessuto osseo).
Sebbene i fenomeni naturali (miniere sotterranee marine, eruzioni vulcaniche, incendi boschivi e maree) contribuiscono al riciclo naturale dei metalli, le emissioni provocate da attività umane lavorative possono giocare un ruolo significativo sulla salute della popolazione. Il caso del piombo e le variazioni dei suoi livelli in aree dove nell’era industriale tali livelli sono cresciuti, è un esempio che dimostra chiaramente l’impatto delle attività umane sulla mutevole influenza delle concentrazioni dei metalli nell’ambiente.
Tossicità dei metalli
La tossicità dei metalli è ben conosciuta sin dall’antichità. Episodi di intossicazione da piombo, o saturnismo, vengono riportati già dagli antichi Greci e da Ippocrate nel 370 a.C. con la prima descrizione di colica addominale in uomini che si occupavano dell’estrazione del piombo. Citazione di arsenico e mercurio vengono fatte poi da Teofrasto (260 a.C.) e Plinio il Vecchio (40 d.C.).
Al piombo, spesso, è data la colpa della caduta dell’Impero Romano. Le condutture dell’acqua di piombo, i piatti da cucina di piombo e gli utensili di piombo avrebbero avvelenato i Romani inconsapevoli, causando loro danni neurologici, disturbi della fertilità e altri problemi. Studiando però un frammento di 40 milligrammi di un antico tubo di piombo di Pompei – distrutta dall’eruzione del Vesuvio quasi 2.000 anni fa – i ricercatori hanno scoperto l’antimonio, una sostanza chimica ancora più tossica del piombo.
Che si tratti di metalli essenziali (es. ferro, rame, magnesio, zinco) necessari per lo svolgimento di numerose funzioni, o di metalli non essenziali (es. arsenico, cadmio, mercurio), per il manifestarsi degli effetti avversi/tossici, naturalmente, si deve raggiungere una certa concentrazione (dose). La tossicità dei metalli è, infatti, determinata dalla concentrazione che raggiungono a livello cellulare. Se per i metalli non essenziali aumentando la concentrazione aumenta la probabilità di provocare un effetto avverso, ciò non si può affermare per i metalli essenziali per i quali non solo l’eccesso ma anche la carenza può causare malfunzionamento o l’alterazione dei normali equilibri omeostatici fisiologici.
Oltre alla dose, altri fattori che influenzano la tossicità dei metalli sono la via di esposizione, la durata, la frequenza dell’esposizione e l’età. I bambini e le persone anziane sono più sensibili rispetto agli adulti. Nei bambini questo tipo di tossicità è legata al maggior consumo di cibo per chilo di peso corporeo rispetto agli adulti, ad un maggior assorbimento gastro-intestinale e soprattutto ad una loro maggiore sensibilità durante la gravidanza e nelle prime fasi dello sviluppo.
Infine, la tossicità dei metalli è influenzata anche dalla forma chimica del metallo che determina la facilità di assorbimento, distribuzione e di raggiungimento dei bersagli intracellulari. In particolare, la forma organica è di solito più tossica di quella inorganica, in quanto essendo più liposolubile è in grado di attraversare membrane biologiche quali quella placentare e quella emotoencefalica.
Metalli negli alimenti, alcuni esempi: mercurio, piombo e nichel
Sebbene alcuni metalli in traccia siano indispensabili per il regolare svolgimento delle funzioni cellulari e il loro insufficiente apporto può dar luogo a disordini carenziali e a stati di malattia, la presenza dei metalli non essenziali negli alimenti e nell’acqua può causare effetti nocivi. Pertanto, i metalli sono oggetto di attenzione da parte delle autorità internazionali e nazionali.
A livello europeo i valori massimi di diversi contaminanti nei prodotti alimentari, tra cui alcuni metalli, sono stabiliti dal Regolamento CE 1881/2006 e le sue successive modifiche e integrazioni.
Negli ultimi anni l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), nell’ambito delle proprie valutazioni del rischio sui contaminanti negli alimenti, ha adottato una serie di opinioni scientifiche sui rischi e i livelli tollerabili di assunzione di mercurio1, piombo2, cadmio3, arsenico4 e nichel5.
Per il metilmercurio (la forma organica del mercurio prevalente nel pesce e nei frutti di mare), il gruppo di esperti scientifici ha proposto una dose settimanale tollerabile di 1,3 µg/kg di peso corporeo. Il metilmercurio, grazie alla sua elevata liposolubilità, è ben assorbito a livello gastrointestinale e può passare la barriera ematoencefalica e quella placentare. Gli effetti più rilevanti sono difatti a carico del sistema nervoso centrale in fase di sviluppo, durante le ultime fasi della gravidanza.
Per il piombo, in un parere pubblicato ad aprile 2010 sui possibili rischi per la salute relativi alla presenza di piombo negli alimenti, il gruppo di esperti dell’EFSA ha ritenuto che gli attuali livelli di esposizione al piombo costituiscano un rischio basso o trascurabile per la salute della maggior parte degli adulti, ma che esistono potenziali motivi di preoccupazione in merito a possibili effetti sullo sviluppo neurologico di feti, neonati e bambini. Nella sua valutazione EFSA ha ritenuto che siano i cereali, gli ortaggi e l’acqua potabile a contribuire in maggior misura all’esposizione alimentare al piombo attraverso la dieta per la maggioranza degli Europei.
Anche il nichel, come gli altri elementi considerati, non è essenziale per l’uomo. Piccole quantità si trovano nell’acqua, nel suolo, nell’aria e nel cibo. È proprio l’alimentazione una delle principali vie di esposizione al nichel. Gli alimenti che lo contengono in maggiore quantità sono i vegetali, i legumi, la frutta, i cibi in scatola, il cioccolato, i grassi, il lievito in polvere e la farina integrale.
L’EFSA ha stabilito come dose giornaliera tollerabile (DGT) 2,8 µg/kg di peso corporeo. L'ingestione di elevate quantità di nichel, o di alcuni suoi composti, causa avvelenamento con conseguenti disturbi gastrointestinali (quali vomito, nausea, mal di testa e, nei casi più gravi, emorragia gastrica).
L’effetto indesiderato più critico però, è la sua capacità di indurre reazioni allergiche. Una volta sensibilizzati al nichel, un successivo contatto con il metallo, indipendentemente dalla modalità di esposizione, quindi anche per ingestione, produce una vera e propria reazione allergica che si manifesta con una dermatite allergica da contatto (DAC). Tuttavia, una parte delle persone che ne soffrono può sviluppare una sindrome da allergia sistemica al nichel (SNAS), vale a dire un'allergia che si estende ad altre sedi e organi del corpo.
Come è già stato scritto in un precedente post esiste la difficoltà scientifica oggettiva di definire delle soglie per la popolazione per le sostanze che provocano allergie.
In conclusione, occorre ricordare che è sempre buona norma seguire i consigli concreti delle autorità nazionali ed internazionali per la sicurezza alimentare sul modo in cui possiamo trarre il massimo beneficio per la salute dagli alimenti, pur limitando, nei limiti del possibile, nello stesso tempo l’esposizione ai metalli.
1 https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/121220
2 https://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/1570
3 https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/
4 https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/140306
5 https://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/6268