Antibiotici: dalla loro scoperta alla resistenza batterica
La scoperta degli antibiotici e la capacità di sintetizzarli hanno segnato una svolta fondamentale nella storia della medicina e dell’umanità. Insieme ai vaccini e al miglioramento generale delle condizioni igieniche, gli antibiotici hanno permesso di guarire e prevenire malattie infettive che solo un secolo fa spesso erano letali o potevano avere come conseguenza gravi danni di natura permanente.
Antibiotici: la scoperta della penicillina
Il termine antibiotico (dal greco anti, contro, e bios, vita) tecnicamente si riferisce solo a sostanze prodotte da microrganismi (batteri o funghi) che sopprimono la crescita di altri microrganismi e ne possono causare la distruzione. Nell'uso comune invece il termine antibiotico indica sia i farmaci antibatterici di origine naturale sia di sintesi o di semisintesi (chemioterapici).
La storia degli antibiotici comincia nel 1928, quando Alexander Fleming, medico scozzese, lavorando su alcuni ceppi di batteri, osservò che un fungo che contaminava una delle sue culture aveva inibito intorno a sé la loro crescita. Poiché la muffa apparteneva al genere Penicillum, Fleming chiamò questa sostanza antibatterica penicillina.
Oltre dieci anni dopo, grazie al lavoro di Ernst Chain e Howard Walter Florey che riuscirono a isolare e purificare l’antibiotico, inizierà la sua produzione e l’utilizzo contro le infezioni batteriche.
Con la scoperta e la sintesi della penicillina nasce dunque un particolare gruppo di farmaci antibatterici, gli antibiotici, che porteranno al trattamento di moltissime malattie come quelle dell’apparato respiratorio, della cute, del tratto urinario ma anche delle infezioni intestinali gravi che in passato erano mortali in breve tempo.
Batteri e antibiotici: tossicità selettiva
Per capire come agiscono gli antibiotici è importante chiarire le caratteristiche del loro bersaglio, i batteri. Quest’ultimi sono microrganismi di alcuni micron, unicellulari e procarioti, ovvero formati da una sola cellula priva di nucleo e dotata di parete cellulare, membrana cellulare, materiale genetico e di tutta una serie di enzimi che le consentono di avere un proprio metabolismo. A differenza dei virus, i batteri non hanno bisogno di una cellula in cui insediarsi per sopravvivere ma sono in grado di riprodursi (replicarsi) autonomamente nell'ambiente e anche in vari tessuti del corpo umano.
L’antibiotico agisce bloccando alcune funzioni vitali del batterio, arrestando la sua crescita, impedendone così la moltiplicazione (batteriostatici), o uccidendolo (battericidi). Naturalmente, con il minor danno possibile per l’organismo ospite. Ciò è possibile attraverso la tossicità selettiva, ovvero la capacità degli antibiotici di colpire selettivamente un bersaglio presente nel batterio e assente nelle cellule dell’ospite. La tossicità selettiva si basa proprio sulle differenze tra le cellule procariote e quelle eucariote.
Resistenza batterica, l’altra faccia della medaglia
A quasi 100 anni dalla scoperta della penicillina disponiamo di diverse classi di antibiotici (penicilline, cefalosporine, aminoglicosidi, tetracicline, macrolidi e fluorochinoloni), ma la diffusione di superbatteri (superbugs) resistenti agli antibiotici rischia di farci fare un salto indietro nell’era pre-antibiotica, dove moltissime procedure mediche come la chemioterapia per il cancro, i trapianti di organi ma anche alcune cure odontoiatriche, non sarebbero più possibili senza incorrere in infezioni gravi.
L’antibiotico-resistenza indica una parziale o totale perdita di attività da parte di un antibiotico nei confronti di un batterio precedentemente sensibile. Il fenomeno dell'antibiotico-resistenza è complesso e ha una genesi multifattoriale.
Una delle principali cause è proprio l'uso eccessivo, e spesso inutile, che si fa degli antibiotici stessi. Ovviamente, il rischio di essere infettati da batteri antibiotico-resistenti riguarda non solo la persona che prende gli antibiotici in modo improprio ma anche coloro che saranno successivamente contagiati da quegli stessi batteri. In quest’ottica l’uso prudente degli antibiotici è una responsabilità del singolo nei confronti della propria salute e della collettività.
La resistenza agli antibiotici è un fenomeno che coinvolge non solo l’uso degli antibiotici in medicina umana ma anche in quella veterinaria. In particolar modo gli allevamenti intensivi si trovano molto spesso sotto accusa per abuso di antibiotici.
In realtà, in Europa vige una legislazione molto stringente sull’utilizzo degli antibiotici nel settore zootecnico. Proprio in virtù della lotta all’antibiotico resistenza l’Unione europea vieta l’utilizzo degli antibiotici negli animali a scopo preventivo e li autorizza solo a fini terapeutici. Inoltre, tutti i prodotti alimentari importati devono essere conformi alle norme comunitarie, sia per quanto riguarda il divieto di utilizzo degli antibiotici per promuovere la crescita, sia per le restrizioni sugli antimicrobici riservati all’uso umano.
In questo contesto, l'Unione europea dispone di un quadro legislativo completo che stabilisce norme sui limiti massimi di residui di antibiotici negli alimenti di origine animale e annualmente l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) pubblica un rapporto in merito.
Come riportato dal Ministero della Salute, la resistenza agli antibiotici in Italia e in Europa è strettamente collegata al loro utilizzo eccessivo e improprio. In quest’ottica, l’uso prudente di antibiotici assieme all’attuazione di buone pratiche di controllo delle infezioni (compresa l’igiene delle mani) e la promozione dello sviluppo di nuovi antibiotici con nuovi meccanismi d'azione, sono i punti chiave per prevenire l'insorgere e la diffusione della resistenza.