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29 aprile 2019
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⚠️ #Asbesto: gli effetti tossici a carico dell’apparato respiratorio.

Il termine amianto o asbesto è utilizzato per indicare sei minerali in forma di fibra, anche se non è raro sentire utilizzare la parola “eternit” per indicare l’amianto. Tuttavia questo termine non è corretto: si tratta infatti del nome commerciale di un materiale costituito da cemento mescolato a fibre di amianto.

I tipi di asbesto utilizzati in passato vengono suddivisi in due gruppi: nel primo, quello del serpentino, fa parte il Crisotilo (“amianto bianco”), un minerale flessibile e resistente al calore ma non agli acidi. Il secondo gruppo, quello degli anfiboli, comprende Actinolite, Amosite (“amianto bruno”), Antofillite, Crocidolite (“amianto blu”) e Tremolite. Quest’ultimi, non flessibili, resistenti agli acidi e al calore, erano utilizzati prevalentemente come isolanti e ritardanti delle fiamme.

Per il loro potere isolante ed ignifugo e per il basso costo questi materiali sono stati largamente utilizzati nell’industria edilizia. Purtroppo, questo materiale così versatile si è rivelato molto pericoloso. Le fibre di amianto possono infatti causare tre tipi di patologie: asbestosi, tumore polmonare e mesotelioma.

L’asbestosi è una fibrosi, caratterizzata dall’eccessivo accumulo di collagene nel tessuto polmonare che rende i polmoni molto meno efficienti per ciò che riguarda lo scambio di anidride carbonica e ossigeno, causando una minore ossigenazione dei tessuti corporei e una diminuita capacità respiratoria. Inoltre, sembra che il fumo rappresenti un fattore di rischio aggiuntivo per l’insorgenza di tumore polmonare in seguito all’esposizione ad asbesto.

Il mesotelioma invece è una grave forma di tumore che colpisce le cellule della pleura (la membrana che avvolge il polmone). Il processo di sviluppo della malattia è estremamente lungo: passano in genere oltre 20 anni dall’inizio dell’esposizione all’amianto prima che compaia il tumore ai polmoni e 35-40 per il mesotelioma.

Ma come avviene l’esposizione all’amianto?

Le fibre di amianto possono essere rilasciate nell’aria in seguito a manipolazione di materiali contenenti amianto, lavori di demolizione, costruzione e manutenzione degli edifici. Quando il materiale contenente amianto viene danneggiato si possono liberare nell’aria le sue fibre e non è sufficiente indossare una mascherina per proteggersi perché si rischia di trasportare in giro fibre di amianto rimaste tra i capelli o sui vestiti ed esporre al pericolo altre persone.

Il pericolo potenziale dell’amianto è legato quindi alla liberazione delle sue fibre nell’aria, che una volta inalate grazie alla loro lunghezza e al diametro possono raggiungere gli strati più profondi dell’apparato respiratorio, gli alveoli, dove inducono una reazione difensiva da parte delle cellule ad essa predisposta, i macrofagi.

Una volta che le fibre vengono “fagocitate” dai macrofagi essi, non essendo in grado di digerirle, liberano gli enzimi che provocano necrosi (morte del tessuto polmonare) e produzione di mediatori dell’infiammazione (citochine, prostaglandine, enzimi lisosomiali e specie reattive dell’ossigeno) necessari alla difesa polmonare, ma che contemporaneamente, a certe dosi, danneggiano le cellule epiteliali e mesoteliali provocando anche modificazioni genetiche (mutazioni) che possono indurre, nel tempo, formazioni che possono evolvere in tumori maligni.

In Italia l’amianto (produzione, vendita e uso) è vietato dal 1992, tuttavia esistono ancora nazioni (principalmente Russia, Cina, Brasile e Canada) in cui può essere estratto e lavorato. Questo divieto non comporta l’obbligo di rimuovere l’amianto, ma di comunicarne la presenza alle autorità sanitarie. Se il manufatto contenente amianto è danneggiato, bisogna rivolgersi a una ditta iscritta all’Albo Gestori Ambientali. I tecnici abilitati, dopo una valutazione della pericolosità della situazione, si occuperanno dell’incapsulamento (trattamento con vernici apposite che impediscono la liberazione di fibre) del manufatto oppure della sua rimozione e smaltimento.
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